Comincio questo post con un affermazione molto forte, che ormai considero quasi un’assunzione: la nostra vita ci è data per imparare.
Vorrei innanzitutto differenziare quali sono le vie da quali sono i modi di apprendimento.
Esistono varie vie per apprendere. Infatti fin da bambini impariamo per similitudine, copiando i comportamenti degli adulti e degli altri bambini.
Poi frequentiamo la scuola dove ci vengono fornite informazioni in vari campi, che dobbiamo capire e memorizzare.
Nel corso della vita impariamo anche in base alle varie vicissitudini che ci accadono: nelle nostre esperienze apprendiamo tramite il confronto con le altre persone, ed anche tramite la semplice osservazione dell’accadimento.
Esistono molteplici vie di apprendimento, che variano a seconda degli accadimento e del contesto in cui si vive, difficilmente (almeno per me) classificabili in maniera completa.
Quello che invece sto cominciando a intuire, e che vorrei quindi condividere con voi, è che per ognuna di queste vie, esistono diversi modi di apprendere.
Credo che fondamentalmente esistano l’interesse spontaneo, la convenienza e la sofferenza.
L’interesse spontaneo si ha quando cerchiamo informazioni su qualche cosa che ci interessa, e quindi apriamo la nostra mente al fine di apprendere tutto il possibile.
Questo caso si applica ad esempio nei passatempo, negli hobby, dove si tende a diventare addirittura esperti in materie anche non necessarie alla nostra sopravvivenza, ma che semplicemente ci appassionano.
La convenienza invece ci permette di apprendere quando ci permette di soddisfare un bisogno, od una necessità, quindi quando l’argomento studiato non è un semplice interesse.
Noto anche che in questo secondo modo si tende ad apprendere solo il giusto, solo quanto necessario, e si diventa esperti solo in caso di specifica necessità-
L’opinione che mi sono fatto è che questo caso si può applicare ad esempio alla scuola, al lavoro, dove abbiamo la necessità di avanzare con gli studi, o di guadagnarci da vivere.
Ma vale anche per tutte quelle condizioni umane in cui è necessaria la sopravvivenza. Tante volte mi è capitato di conoscere persone analfabete, o quasi, che sono invece esperte di lavori manuali.
Quando invece manca l’interesse, ed anche la convenienza, l’apprendimento si ferma, salvo che non venga introdotta la sofferenza.
Molte volte ho sentito persone che dicevano ‘non mi interessa questo argomento’, ‘cosa mi viene in tasca se mi interesso di questa materia?’, ed ancora ‘so quello che mi serve‘.
L’unico modo per schiodarci da questa condizione è la sofferenza.
Per sofferenza intendo sia quella propriamente fisica, ma anche quella mentale.
Questo è il modo a mio giudizio più diffuso, ed anche il più abusato. Viene infatti usato dove i modi precedenti hanno fallito, ma spesso senza cercarne alternative all’interno.
Ad esempio la scuola cerca di suscitare il nostro interesse attraverso l’insegnamento di materie che fanno parte della vita di tutti i giorni, ed offrendo specializzazioni vicine ai nostri interessi e talenti.
Cerca inoltre di indirizzarci verso un lavoro, verso un premio (borsa di studio o quant’altro) creando quindi una condizione di convenienza per l’apprendimento.
Però poi all’interno del percorso didattico, quando i primi due modi hanno fallito nel suscitare interesse e partecipazione, si fa leva sui voti, sulle valutazioni, e così anche sulle famiglie per promuovere azioni coercitive verso gli studenti che non apprendono.
Questi modi si rifanno appunto a creare una qualche sofferenza, attraverso la punizione diretta (bocciatura) od indiretta (punizione dei genitori, aziende che assumo solo chi ha voti elevati) verso chi non apprende.
Pur essendo il più diffuso ed applicato credo che utilizzare il modo della sofferenza per indurre l’apprendimento costituisca una soluzione sbrigativa e di comodo, e comunque non sempre efficace.
Ritengo invece che si debba cercare in tutti i modi di trovare delle soluzioni, delle nuove idee, per tornare ai modi precedenti, in particolare all’apprendimento suscitando interesse.
Porto ad esempio un caso di cui sono venuto a conoscenza qualche anno fa, dove in una scuola americana, locata in uno dei quartieri più poveri e problematici della città, un professore è riuscito a recuperare alcune classi, che dai suoi colleghi erano state considerate ‘senza speranza’, attraverso il coinvolgimento in attività apparentemente ludiche e alla responsabilizzazione dei singoli studenti.
Anche noi dovremmo in prima persona cercare di lavorare in tal senso, ognuno nel proprio ambito, sia personale che lavorativo, ed anche nelle relazioni con gli altri, per fare in modo di creare interesse e non convenienza e sofferenza.
Una particolare eccezione deve invece essere fatta se pensiamo all’aspetto religioso, infatti collegandomi all’assunzione iniziale (la nostra vita ci è data per imparare) ritengo che in quel caso la possibilità di azione sia più limitata.
Penso infatti al concetto Cattolico di ‘libero arbitrio’, o più trasversalmente in quasi tutte le religioni monoteistiche, di uguaglianza tra tutti gli essere umani: qui infatti l’utilizzo dei modi di interesse e convenienza, verso le persone che sono restie all’apprendimento, potrebbe facilmente essere interpretato come favoritismi della divinità verso la persona interessata.
Caso diverso sono certe forme di autoapprendimento basato sulla sofferenza, cioè l’autoimporsi della sofferenza fisica al fine di compensare mancati apprendimenti.
Ad esempio le autoflagellazioni che si imponevano alcuni religiosi al fine di compensare i peccati. Peccati che rappresentano il mancato apprendimento delle regole divine.
Infatti in questo caso è mia opinione che non è Dio che in prima persona richiede questa sofferenza, ma un malinteso sull’interpretazione dei testi sacri, che viene utilizzato come scorciatoia per compensare il mancato apprendimento, senza peraltro aiutare l’apprendimento nella maggior parte dei casi.
Il meccanismo infatti diventa: pecco –> compenso con un dolore fisico, la volta successiva ripeto la procedura…
Credo che invece Dio, come un qualsiasi buon genitore, sia in qualche modo costretto a utilizzare la via della sofferenza per facilitare il nostro apprendimento, scegliendo bene i modi e restando però al nostro fianco durante tutto il periodo di sofferenza, soffrendo con noi.
Questo tipo di esperienza la facciamo tutti, ad esempio quando un nostro caro ci abbandona, ma essendone coscienti ne trarremmo maggior efficacia.
Concludo dicendo che su questo ultimo aspetto ci sono ancora molte altre parole da spendere, e che a voi piacendo scriverò un ulteriore post in un prossimo futuro.
Grazie dell’attenzione ed attendo graditi commenti.